Ci siamo. È lei. É quella maledetta sera. Sono tre mesi che l’aspetto e adesso, all’improvviso, non la voglio più. Vorrei mandarla via, fermare il tempo, accelerarlo, qualsiasi cosa. Ma non posso. Mi concentro sul manubrio della bici. Un rettangolo a cui manca un lato lungo, sembra quasi una buca di potenziale. Niente. Non riesco a distrarmi. Penso sempre a domani. Sembra una stronzata ma la testa è sempre lì. All’esame. Quel maledetto esame. Guardo la ruota. Un cerchio perfetto, o quasi. Niente da fare. Non mi riesco a distrarre. Sono uscito apposta, sono andato a una cena. Abbiamo mangiato, chiacchierato, fumato il narghilè, ci siamo sparati con un fucile finto. E cosa è cambiato?
Niente.
Sto tornando a casa, ma vorrei scappare.
Vorrei andare ad arrampicare, li mi sento bene, non dico mai che vorrei che la giornata passi in fretta. Assaporo ogni momento, gli odori, i movimenti. Respiro. Piano.
Ma non succederà. Sono solo con quel maledetto esame. E io sono come una donna incinta, cambio umore ogni venti secondi. Ma sono distrutto. Mi sento vuoto. Non provo più niente. Pedalo più forte. Ancora più forte. Respiro, sempre più forte. I polpacci bruciano, piccole gocce di sudore mi colano sulla fronte. È rosso, chiudo gli occhi. Se ce la faccio passo l’esame.
Sono a casa. Panta Rei un cazzo. Tutto è come prima.
granji (dolu)
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