Leo
apre gli occhi e li sfrega con le mani secche, intorno a lui l'aria
pesante e il piumone caldo lo ricoprono. Fuori il vento gelido
ghiaccia la tanta neve che è caduta in questi giorni, come non se ne
vedeva da tempo. Marta è girata sul fianco, forse finge ancora di
dormire. Leo resta fermo per sentire ogni minimo rumore, lascia
passare il tempo, la sua bocca è ancora marcia, e si sente ancora
stordito dall'alcol. Guarda la spalla di Marta che esce dalle
coperte, scorge appena il tatuaggio che sembra una cicatrice, muove
un dito per toccarlo, per sentire se è in rilievo. A quel punto la
sua mano si blocca, alza la coperta, scende piano dal letto. Lei dice
qualcosa, Leo non vuole sentire, calpesta dei vestiti, apre delle
porte e va in cucina, deve mettere su un caffè.
Conosce
bene quella cucina, prende la tazza e accende la macchinetta lurida.
Non è casa sua, in casa sua non ci sarebbe quel disordine, ma
conosce quelle pareti come se lo fosse. Attraverso la finestra
guarda i tetti imbiancati di Genova, non può fare a meno di fare
entrare quel freddo dentro di sé, la desolazione del suo addio che è
arrivato inaspettatamente. Perché anche lui non ha mai creduto alle
sue stesse parole, anche lui non pensava che l'avrebbe mai fatto “I
keep feeling smaller smaller”. I
suoi piedi cominciano a sentire freddo e raccatta delle calze di lana
di Marta, le tira più su del ginocchio, non può fare a meno di
sentirsi infinitamente ridicolo. Appoggia i gomiti sul tavolo di
marmo gelido e beve il caffè bollente, guarda l'ora, non manca molto
prima all'appuntamento con Drago che lo porterà in stazione. Non
pensa a niente, non pensa di aver fatto niente di sbagliato, niente
di stupido. I suoi pensieri sono scollegati dalla realtà sono
immersi nella neve e nel ghiaccio, è questo il motivo si ripete, è
questo il motivo per cui me ne vado, qui non sento più niente.
Marta
arriva leggera senza farsi sentire, è una promessa non mantenuta. Si
siede di fronte a lui guardandolo in maniera distaccata, non ha
ancora deciso che cosa gli dirà e sente solo che ha paura, troppa
paura di quello che gli dirà per questo forse non gli dirà niente.
Leo si alza e mette a lavare la tazza, -Leo perché ti sei messo
quelle calze?- - Avevo freddo, e le ho trovate buttate lì, se vuoi
le tolgo.- Dice continuando a lavare la sua tazza. -Potresti almeno
girarti quando mi parli- continua seccata Marta che adesso sente
montagli una rabbia disperata. -Non stiamo parlando, mi hai solo
fatto una domanda scema.- A questo punto lei non ce la fa più si
alza in piedi e grida – Certo tu non vuoi mai parlare, te ne vai
senza parlare, scappi e mi lasci qui senza parlare, sei solo un
egoista, non pensi a quel che abbiamo fatto, al casino in cui mi
lasci, alla merda in cui mi lasci, come fai a non sentire nulla, a
lasciarti scivolare addosso tutto questo, come fai a non renderti
conto di nulla?-
Leo
la guarda senza risposte, senza espressione -Su una cosa hai ragione,
non sento più nulla, è per questo che me ne vado.- Le sue parole
sembrano fragili in risposta a quelle di Marta, ma ha saputo
rivestirle con una sicurezza che può dare solo il distacco. Le
lacrime spariscono nei suoi capelli lunghi, questa volta è lei a
girargli le spalle e andarsene.
Leo
raccoglie i suoi vestiti e si chiude la porta alle spalle senza
voltarsi per un ultimo sguardo all'appartamento, senza un saluto per
Marta. Arriva in piazza Gramsci puntuale come al solto e si mette ad
aspettare Drago, passa lo sguardo distratto sulle macchine aspettando
quella dell'amico, che non tarda ad arrivare. La portiera della golf
cigola due volte e sbatte, poi solo il rumore del motore. Nessuno dei
due parla per gran parte del viaggio, si limitano a respirare.
Arrivati alla stazione di Genova scoprono che la neve e il ghiaccio
hanno fatto chiudere la stazione, la prima stazione aperta è
Ventimiglia. -Ti accompagno io fratello, ci mancherebbe- Propone
Drago guardandolo negli occhi. - Ma no, hai lavorato tutta la notte,
sarai stanco morto, torna a casa torna da Marta, io mi arrangio.-
Sussurra colpevole Leo -Non se ne parla, sali in macchina.-
Leo
sale in macchina è intenzionato a non dire niente si mette a
guardare fuori dal finestrino. La sua strategia sembra funzionare
solo fino a quando cominciano le gallerie. -Allora, pensi di fermarti
a riprendere fiato, non mi lasci parlare, anche io ho da dirti delle
cose prima che tu parta.- La bocca di Leo si deforma in quello che
dovrebbe essere un sorriso, ma non dice niente. -Niente, non parla,
vostro onore l'imputato si rifiuta di parlare!- Leo fa lo sforzo di
girarsi. -Mamma mia che faccia di cazzo, torna a guardare fuori dal
finestrino, ma che hai fatto stanotte?- E' una domanda ingenua ma
alle orecchie di Leo suona come una provocazione, - Ho dormito da
Marta.- Risponde in un mare di silenzio. Drago ride -Che cazzone che
sei.- Poi si gira e vede che il suo amico non ha l'aria di chi vuole
scherzare. -Che cazzo vuol dire ho dormito da Marta?- A questa
domanda Leo preferisce non rispondere. Rimane in silenzio a fissare
l'asfalto dell'autostrada reso bianco dalla neve e dal sale.
-Rispondi stronzo! Che cazzo vuoi dire dicendomi che hai dormito da
Marta?.- Non si rende nemmeno conto che incazzandosi accelera pensa
Leo. -Vai piano, non vedi che stai accelerando?- -Io accelero quanto
cazzo mi pare, brutto infame, se non mi dici che cazzo mi volevi
dire!- Drago batte i pugni sul volante e si agita come un pazzo.- Leo
impiega un'eternità per decidere cosa fare, scava tra tutte le cose
che vorrebbe dire, tra tutte quelle che sono sbagliate e non trova
niente da dire, non trova niente dentro di sé. Riesce a dire soltanto
-Ti sei cagato addosso eh?- Drago lo guarda -Che cazzo vuol dire, mi
sono cagato addosso?- Leo ride, Drago a quel punto capisce, riprende
fiato, ma la macchina scoda sul ghiaccio e scivola. Per un istante il
suo cuore gli schizza in gola, poi rimette le mani salde sul volante
e urla. -Porca puttana amico! Porca puttana, che scherzo del cazzo!-
Leo è compiaciuto, si sente onnipotente, le altre persone gli
sembrano fatte di argilla, o semplicemente come anche lui un tempo di
sentimenti. Non ne può più di tutta questa montonia a cui si sente
superiore. Non riesce a sopportare il confronto con la sua solida
apatia, non vede l'ora di andare via. Drago accende la radio e si
mette a cantare come se tutto fosse uguale a prima, anche Leo canta ma solo perchè niente è più lo stesso. “I've
fallen so far for the people you are”
fratello, fatto cosa buona e giusta, c'è carenza di racconti su noaut
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