martedì 17 aprile 2012

L'incendio senza fine che (quasi) distrusse Milano



Faceva freddo nella stanza. Faceva freddo perché erano solo in due, e anche se c'erano tante cose nella stanza faceva freddo. I vestiti e i libri buttati un po' ovunque li guardavano. Si aspettavano qualcosa da loro, che qualcuno dicesse una parola, che qualcuno facesse qualcosa. La finestra che dava sul balcone era aperta e nessuno dei due voleva chiuderla, pensavano che il freddo se lo meritavano, che il freddo per loro era un privilegio.Fuori c'era la pioggia incerta della primavera, c'era la notte fatta di parole che anche questa volta non si sarebbero detti. Fuori c'era come sempre odore di bruciato. Dentro suonava un vecchio vinile di Bon Iver, suonava sporco come tutto quello che c'era in quella stanza, dove faceva freddo e dove niente si muoveva. I loro cuori che un tempo avevano combattuto tante battaglie adesso si limitavano a battere. Erano giovani i due e senza speranze, perché avevano imparato che le cose non dipendevano più da loro. Questo ti insegna, sopravvivere in una città divorata da un incendio. Erano diventati grandi senza nemmeno accorgersene, mentre l'incendio che tutti pensavano si spegnesse nel giro di qualche settimana era andato avanti per anni. I filosofi e le persone colte dissero che tutto ciò che arriva dal nulla è costretto a durare per sempre, e furono i primi ad abbandonare Milano. Gli scienziati scoprirono nelle profondità della terra padana vene di antracite, e spiegarono ai cittadini che il processo di combustione del minerale è difficile da innescare ma una volta preso fuoco è costretto a bruciare a lungo. Quanto a lungo nessuno lo sapeva, e nel dubbio anche loro andarono altrove. Tutti con le loro ragioni, tutti con le proprie speranze, con le loro possibilità, tutti con le loro valige andarono via. Erano rimasti solo loro due, non ancora adulti ma già soli. Il più grande aveva un cappuccio e la barba, il più vecchio la barba non ce l'aveva più, aveva deciso di affrontare le cose. 

A un certo punto uno dei due si alzò dal divano letto, aprì ancora di più la finestra, uscì a fumare. Quello che rimase sul divano letto bianco si coprì con quella che sembrava una felpa. Sentì addosso l'odore dei gerani appena piantati e tutto l'umido della pioggia che neanche stavolta avrebbe spento l'incendio. Si alzò pesantemente dal divano letto raggiunse l'altro sul balcone, sotto di loro si vedeva tutta Milano. Le luci dei palazzi fatiscenti erano avvolte dal fumo grigio e si confondevano con le luci dei numerosi focolai. Una cortina densa in cui galleggiava tutto, era questo che restava adesso della storica nebbia milanese. 
-Adesso che facciamo?-
-Adesso andiamo a salvare Milano, andiamo a spegnere l'incendio-

Come racconta la leggenda in un tempo lontano
Milano, 2012




Per chi si volesse attenere solo alla realtà dei fatti, invece consiglio di leggere questo: Incendio che dura da cinquant'anni

Immaginatevi fiamme e fumo grigio

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