Appena messo piede in un'università tedesca, in particolare nella facoltà di fisica, ci si accorge che c'è qualcosa di diverso rispetto alle università del Bel Paese. Il clima cambia completamente. Dopo una settimana di corsi, già ti accorgi di aver fatto bene ad abbandonare i laboratori polverosi, pieni di tavoli polverosi e di strumenti da poche migliaia di euro trattati come santissime reliquie da custodire gelosamente. Assumendo anche che sia vero che i soldi non fanno la felicità, si realizza subito che quantomeno i soldi fanno Ricerca. Quella con la R maiuscola.
I soldi certamente in Germania non mancano, ed anzi i professori fanno a gara a chi ce lo ha più duro, o meglio a chi ha più fondi per il suo gruppo di ricerca. E vi assicuro che per un italiano è strano trovarsi in una situazione di questo genere. Prima di partire per la terra delle patate e dei wurst, guardavo al dottorato un po' come l'ateo guarda all'effige della madonna: ridacchia da lontano, mettendone in dubbio la possibilità dell'esistenza stessa.
Qui invece sono immerso in una realtà in cui è la madonna stessa ad offrirmi un dottorato, professori che si litigano gli studenti, mediocri od eccelsi che siano ha poca importanza. Frequento(quasi per sbaglio, ma questa è un altra storia) un corso in cui la parte pratica, chiamata volgarmente esercitazione, non consiste nel guardare un vecchio rugoso che moltiplica matrici sei per sei alla lavagna, bensì nello smanettare a computer per manovrare strumenti da milioni e milioni e milioni di euro, che se mi fermo a pensarci un attimo, quasi mi spavento.
Mi ritrovo con i professori che mi offrono mini-lavori part-time esentasse, e non lavori in cui devi pulire i cessi, ma lavori negli stessi laboratori da centinaia di milioni di euro in cui lavorano loro.
E i Professori sono felici del fatto che ti interessi al loro lavoro, ti vogliono a lavorare con loro, e tu ancora non sei nessuno.
Quindi ripenso a com'era da me, in Unimi. Ed è vero che se i soldi non ci sono, i professori non possono mica cacare pepite d'oro la mattina, ma la mentalità che ho trovato qui, ha poco a che fare coi soldi. In Italia lo studente è un peso per il professore, lezioni da fare e compiti da correggere e orali che lo costringono a svegliarsi presto la mattina. Qui lo studente è una risorsa, e deve essere valorizzata. E viene valorizzata.
Quindi ripenso a quanto inconsciamente(o forse consciamente) avessi ragione a cantare, con in corpo due negroni di rito, dopo la laurea:
Unimi vaffanculo!
Nessun commento:
Posta un commento