Il 3 Novembre, quando doveva andare a ritirare il libro, la luna sarebbe stata piena.
Quando era uscito dalla libreria, aveva imboccato la via stretta con l'acciottolato, si era messo le cuffiette negli orecchi guardando l'aria fredda e vuota di persone, e da lì era sbucato nella piazza più grande, costruita attorno ad una grande statua equestre. Da bambino aveva sempre sognato di girare per una città sconosciuta e, svoltato l'angolo, scoprire che nel centro esatto della piazza più grande era stata eretta una statua in suo onore; ma non erano questi i pensieri che aveva per la mente in quel momento. Con la musica ritmava involontariamente il passo, avvicinandosi alla bicicletta legata al palo sottile del divieto di sosta. Il cervello aveva scelto un ricreativo stand by, aveva deciso di assopirsi sfogliando le immagini di lei che sembrava deriderlo mentre lui faceva fatica ad esprimersi. Chissà chissà, si ripeteva sorridendo a se stesso, nascondendo più calde le mani nel pesante cappotto invernale, soddisfatto e inebetito. Sarebbe tornato là dentro, quando la luna piena avrebbe cominciato a salutarlo dal cielo blu notturno di un pomeriggio invernale, l'avrebbe guardata da lontano sistemare sugli scaffali i libri appena arrivati, chiacchierona, bassa, profumatissima. Al semaforo rosso decise inconsapevolmente di tagliare dritto per l'incrocio, Milano era un quadro sfuocato di luci calde sopra una grande tela blu.
La
luna piena l'avrebbe ritrovato lì quando sarebbe uscito, dopo
averla incontrata, dopo averla guardata di sfuggita con un sorriso
timido e inappropriato chiedendole se sapeva dove trovare quel tal
libro..., lei lo avrebbe guardato, sorridendo poco con le labbra, ma alzando gli spigoli degli occhi truccati e distanti. Lui avrebbe
senz'altro aspettato che nessuno fosse lì vicino, avrebbe odiato
quel momento di silenzio che si sarebbe creato tra loro due e gli
occhi fissi di lei sullo sguardo impaziente di lui. Ci sarebbe stata
la luna piena sullo sfondo blu tempera quando lei, ritraendo il collo
e alzando il mento si sarebbe sistemata una ciocca di capelli,
avrebbe sistemato il suo braccialetto d'argento fine allacciato sul
polso, e avrebbe detto aspetta, scomparendo nella porta grigia dietro
il bancone. Lui si sarebbe guardato attorno, avrebbe sfogliato la
pagina di qualche libro lì vicino, avrebbe dato uno sguardo
all'ordine alfabetico dei nomi. Poi che scusa ho di entrare là
dentro? Chi sto cercando?
Alla fine però avrebbe girato la
maniglia e si sarebbe guardato dietro ancora una volta, prima di
immergersi nel buio del magazzino.
Lì avrebbe intuito la presenza di lei, con il mento che
si muoveva su e giù per guardare sugli scaffali un libro che sapeva
benissimo non avrebbe trovato là. Si sarebbe spaventata, nel vederlo
entrare, le sarebbe scappato un rapido sospiro. Lui le si sarebbe
avvicinato, e avrebbe visto la sagoma di lei illuminata dal filo di
luce che penetrava dalla porta chiusa alle sue spalle, l'avrebbe
sentita emettere silenziosa un altro piccolo gemito, le avrebbe visto
gli occhi distanti e seri, questa volta, la bocca rossa semiaperta;
forse, sarebbe indietreggiata, all'inizio. Poi, prima di baciarlo,
avrebbe riso alla luna del tre di novembre, arricciando gli angoli
delle labbra e increspando gli zigomi.
Lui poi sarebbe uscito e la luce della
luna piena di Novembre lo avrebbe investito, e bagnato da quella luce
avrebbe danzato per le fronde nere degli alberi e per le luci arancioni
dei lampioni, per la ghiaia dei parchi e per le nuvole rosa, per il vento e per le foglie marroni, avrebbe inaugurato la festa dell'inverno,
avrebbe diretto tutte le luci di Milano quel giorno, quel giorno
tutti i colori avrebbero seguito gli ordini impartiti dalla luna
piena e delle sue gambe ballerine.
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