Avrei voluto che iniziassero col rumore
dell'acqua del fiume della Neretva, con il suo colore verde, ma non
ricordo che forma avessero i miei pensieri.
D-scrivi?
M-tre pagine al giorno! Io non so dove
trovi tutto questo tempo
B-veramente solo ieri sera ha avuto
l'ispirazione, dopo la Rakja
M-mi duole dirtelo Lorenzo, ma non
potrai più scrivere
L-come?
M-eh, non trovo una presa a tre buchi
L-ma è scarico?
M-eh si
D-ma scusa scrivi a mano
L-non ci riesco, mi sfuggono i pensieri
dalla testa
M-vero. Vero, succede anche a me
Mariza ci ha accolto
come una grande mamma chioccia, tra le caldissime ali piumose della
stanzettina. Noi, io e d., avevamo la stanza vicino al bagno, m. e l.
quella più piccola con caldaia, vicino all'ingresso.
Ci ha radunati e raccolti mentre
pigolavamo impauriti vicino al grande autobus, soli e tremanti.
La casa era davvero piccola, noi grossi
cristiani la occupavamo tutta. Le pareti attorno a me erano addobbate
male, c'era odore di povero ovunque, c'era consistenza di povero.
Sulla tavoletta del cesso c'era la moquette, ho notato, i mobili
erano di compensato, alle pareti c'erano parati tristi, e puzzavano
di povero; ma non ho mai pensato che la casa della mamma dovesse
essere elegante, anzi, a ben pensarci la casa della mamma deve essere
accogliente, e quella casa, la sua padrona, le sue piume, lo erano.
Continuava ad entrare ed uscire di casa.
A-Tumoro: milccofi?
B-domani
A-tumoro
B-tomorrow
A-da, da, tomorrow: milccofì?
B-milk?
A-da da milc coffi
B-Ah! Yes, yes, tomorrow: milk
(indicando d con ampi movimenti delle braccia) coffe (spalmando i
palmi sul mio petto) coffe (puntando le braccia verso l. e t.).
Poi usciva, chissà che aveva da fare.
Ma poi tornava, e frugando tra le bruttissime mensole di compensato
bianco tirava fuori un vassoio enorme che aveva caricato di tazzine,
cucchiai e caffè macinato. Prese il latte dal frigo ed uscì di
nuovo. Per molti minuti temetti che ci avesse abbandonati, che ci
avesse portato via per sempre quella pietosissima colazione. Ma
ritornò ancora in casa, e cercò di spiegarci il funzionamente della
caldaia. Poi uscì di nuovo e rimanemmo soli. Il rubinetto perdeva,
ma ci lavammo i denti comunque. Nessuno di noi scelse di fare la
doccia, un po' spaventati dallo strano insetto scuro che dormiva
nella vasca, e un po' vigliacchi e zozzoni.
Provammo a scrivere, ma insieme non
combinammo gran cosa. Il tempo tracorse veloce, e presto eravamo già
pronti per essere accompagnati al centro sociale di Prijedor.
Smarrimmo la strada un paio di volte,
finimmo davanti ad un minareto altissimo e illuminato, un piccolo
alimentari, un bar-meccanico. Si fermarono per capire che fine ci
avevano fatto fare, al telefono Igor dava loro indicazioni molto
approssimative; eravamo davanti ad una fossa comune.
A-pensa che tristezza essere seppelliti
qui
B-probabilmente queste persone sono
nate e vissute qui, e per loro essere seppelliti in questo luogo è
la cosa migliore.
A-si, ma pensa che tristezza essere
seppelliti qui
Il loro legame stretto con la morte
entra nelle ossa, e ogni giorno è più forte e calcifica. Oltre al
marciapiede non c'è solo un aiula, un giardino privato o una piscina
coperta da una siepe: oltre il marciapiede, all'altezza del busto,
oltre un muretto, c'è una lapide conficcata nella terra, e accanto
ce ne sono tante altre, ed ognuna protegge quella porzione smossa di
terreno. Così provvisorio, mi viene da pensare adesso. Mi viene
anche da pensare che un giorno il muretto crollerà, e la terra
seguirà la legge di gravità, verrà giù anche lei, e con lei
qualche osso e qualche teschio si intravedranno tra le radici della
terra. Ma nessuno sarà particolarmente turbato, le ossa saranno
raccolte, riordinate e sotterrate da qualcuno che vive troppo vicino
alla morte per farsene ancora impressionare.
La cena non fu affatto veloce, i
convenevoli sembravano eterni. Continuavo ad applaudire un gigante
barbuto che parlava a scatti, per lasciare all'interprete il tempo di
farci arrivare il messaggio.
Brodo di carne, crauti, pita,
involtini, patate, biscottoni dolci. Comunque poi avrei poi imparato
a conoscere molto bene questo cibo.
La bosnia è un luogo difficile da
visitare come turista.
Il giorno successivo conoscemmo delle
brave persone e con loro parlammo; poi ci fu l'ora di libertà del
pranzo, ma il nostro soggiorno a Preijedor era finito, era finito il
tempo di Mariza, la calda mamma chioccia.
Le facemmo un disegno per lasciare
traccia del nostro passaggio.
L'autobus ci portò a Sarajevo,
arrivammo la sera tardi.
WELCOME TO HELL.
Appena sopra la galleria che conduce
fuori dalla città, i muri grigi dell'albergo ci salutavano nella
notte. I lampioni arancioni illuminavano il buio.
-M, J, L, secondo piano, stanza da
tre-
La moquette ci guardava, ci guardavano
la scrivania, la sedia e le lampade a muro; guardavano le nostre
facce, i nostri discorsi abbozzati; misuravano il nostro imbarazzo.
Doccia, doccia subito e tutti questa volta.
Le nostre, sembravano facce stupite e
profumate quando scendemmo giù a farci guardare dagli altri, facce
pulite e belle come le loro. Dai nostri corpi tutti insieme saliva un
odore di ordinato e corretto, che quella notte ci seguì per le
strade di Sarajevo, e probabilmente salì dal marciapiede alle
finestre dei piani bassi, capitando forse, mescolato all'aroma di
pita calda, sotto il naso di qualche vecchio sarajevita, seduto in
cucina curvo sulla sedia di legno, che pensava, chissà, da chi verrà
questo puzzo?
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