martedì 25 gennaio 2011

La gamba del tavolo


Trascinato fuori casa da orso, pieno di vita a quanto pare, mi ritrovo al Caffè Letterario, una delle dieci migliori colazioni milanesi. Ne sono entusiasta, visto che sono le sette. Di sera. Paiono dimenticate le nostre futili divergenze scientifico-letterarie. Sono in un angolo, circondato da scaffali e scaffali di libri, non troppo ordinati, che non ho letto, e molti dei quali non leggerò mai. Fatico a concentrarmi su qualsiasi cosa, studio, televisione..scrivere qualcosa per il blog. Manca qualcosa, qualcuno. Un conducente, o meglio, un conduttore. Ma ahimè… una volta c'era tra noi un conduttore. Non tanto alto, ma neanche troppo basso. Con pochi capelli, ma non pochissimi. Con gli occhi sporgenti, abbastanza sporgenti. Ma non faceva paura. Abitava in una casetta, che chiameremo Il “buco”. Un conduttore in un buco. E da lì dirigeva le nostre vite, le metteva in ordine. Le settimane erano scandite da costanti inviti e autoinviti. Cene condite da “chicche” provenienti dalla gioielleria all’inizio della via stessa. E litri e litri di rossa ebbrezza. E la nostra vita si svolgeva tranquilla, perchè sapevamo che il conduttore, spesso conducente, vegliava su di noi. Come Batman. Ma non così ricco. Come Spiderman. Ma non così sfigato. Come Superman. Ma senza una scopa in culo. Tipo Ratman. Ma con più dita.
E in questi momenti di tristezza(adesso sono a letto, l’avevo detto che non avevo voglia di scrivere prima e poi è arrivato Asgard e la birra) mi manca la fastweb tv del conduttore. Quella scatola nera, inutile e cara, dispensa di alcuni dei film più soporiferi che ricordi. Almeno i primi 15 minuti, poi magari erano bellissimi. Ma i primi 15 minuti…
Mi manca fumare una sigaretta a gennaio in quel buco, così caldo e accogliente. Che diventava improvvisamente gelido, causa le paranoie del conduttore, che poteva sopportare gli odori più strani, per la maggior parte sconosciuti all’uomo, ma il fumo di una sigaretta no. Si sa, il fumo passivo fa male, diceva fumando una sigaretta. Non mi soffermo a sottolineare l’incoerenza della frase col gesto. Non è questo l’importante. Come dicevo il conduttore, metteva ordine nelle nostre vite. Ma le colorava anche. Con le sue scarpe. Perchè sapevi che il conduttore, se avesse voluto, avrebbe potuto mettere un paio di scarpe diverse al giorno. In particolare le scarpe di bamboo, di cui andava fiero, molto fiero, fierissimo. E non si discute. Mi piace pensare, adesso che non c’è più il nostro, e ormai anche vostro, amato conduttore, che in via Corsico 9 vi sia un monolocale vuoto. Nel quale nessuno entra e nessuno esce. E tutte le cose del conduttore, che poi erano anche mie, e di asgard, e di orso, e di doludrums, in realtà sono ancora li. E ci aspettano. Immobili. Un po’impolverate. Leggermente appiccicose. Piene di odori strani. Proprio come prima. E già pregusto il momento in cui tornerò in quella casa, mi siederò al tavolo e urterò il tavolo, con conseguente immancabile caduta di una gamba. Del tavolo. Sempre la stessa.

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