mercoledì 26 gennaio 2011

I say I love you but I hate this city

E' la puzza dei sedili che non sopporto. Il fatto che potrebbe essere l'ultimo ricordo prima di morire. No, proprio non mi va. Stai calmo, è solo la tensione. Quando sei teso ti viene paura di tutto. L'ebola, l'aids, la meningite, rilassati hai deciso tu di andare da lei. Potevi stare a casa a sfogliare codici, invece hai deciso di dare un occhio alla tua proprietà. Che bisogno c'era? Certe cose meglio non vederle, come dice Wilson. Che poi andrò là, vedrò i suoi occhi belli, cadrò ai suoi piedi e mi arrotolerò come un serpente alle sue gambe lunghissime, e la suplicherò di tornare, perchè Milano è brutta, grigia, non c'è niente da fare, e lo sai che stanno facendo i lavori sotto casa mia, e ho ricominciato a prendere le pilloline e ti prego mi manca l'aria. Occhi languidi, lacrime, un volo di ritorno e un calcio in culo. Guardo fuori dal finestrino, l'hostess passa a dirmi che non mi sono allaciato la cintura, provo a spiegarle che le vene varicose sulle gambe mi impediscono di restringere il flusso sanguineo, mi guarda.
La guardo, penso che non sarei credibile a questo punto a chiederle un pompino in bagno. Sorrido ebete allaccio la cintura, le si allarga un sorriso finto e severo. Sarebbe stato proprio un magnifico pompino.
Il volo è tranquillo niente vuoti d'aria niente terroristi talebani (anche se dietro di me c'è uno con la barba rada e per questo sospetta) solo una marea di bambini, che vanno a trascorrere le vacanze a Lisbona, ma non posso preoccuparmi anche di loro. A tutto c'è un limite. Tiro fuori il mio diario, ne ho già scribacchiato più della metà da quando è partita, me l'ha regalato lei prima di mettersi a piangere, quando le sue lacrime erano belle e salate. Inaspettate, perchè in genere ero io quello che bagnava i cuscini, ed ero diventato davvero insopportabile nel cercare rassicurazioni, puntualmente frustrate -E se mi chiedono se ho un ragazzo cosa dico?- -Digli che non stai con nessuno, ma conosci l'uomo della tua vita. Voglio proprio vedere che faccia fa, se non se ne torna a casa quel gringo del cazzo.- -Gringo è spagnolo non portoghese.- - Ma smettila lo usano anche i portoghesi...- -Ah si è tu che ne sai?- E Bam! Se la meritava quella cuscinata improvvisa, e dopo una furiosa lotta che avevo vinto solo grazie alle armi della seduzione, o forse in quei casi si sarebbe potuto anche parlare di stupro. -Signori passeggieri vi preghiamo di restare seduti con le cinture allacciate, fino a quando non si spegnerà il segnale luminoso. Cazzo come ho fatto ad addormentarmi? Tanto casino, tutta quella agitazione e poi sei crollato come un bambino, il solito esagerato, come dice lei, lei. Ti verrà a prendere? Oppure fingendo di dover seguire una lezione di idraulica starà ansimando insieme a Paulo, maledicendo il giorno in cui mi ha supplicato di venire, perchè, perchè così mi porti dello zafferano, l'olio buono, un po' di pasta, mi racconti come vanno le cose e mi manchi e mi sento sola, io ti amo. Diciamo che le ultime tre le ho aggiunte io, romanticone.
Tutti accendono i cellulari, io no, nessuno mi chiamerà, o forse è proprio la paura che nessuno mi chiamerà che mi impone la distrazione di chi non può permettersela.
Mentre aspetto il bagaglio sul nastro mi muovo nervoso, non vedo l'ora di vederla, eppure non so mi sembra così strano, ma che sono venuto a fare? Quanto mi manca, dio quanto mi manca, ma quando la vedro la dovrò baciare? E se non vorrà? Non può non volere, in fondo è stata lei a dirmi di venire. E se fosse stata una cosa di forma, solo per farti conoscere la persona della quale si è innamorata?
Ormai il nastro è vuoto, la mia valigia vagerà per qualche areoporto, oppure un cingalese si starà vestendo con i miei stracci. Le porte automatiche continuano ad aprirsi ma al di là non faccio in tempo a vedere nessuno sguardo familiare. Mi avvio a passo incerto al Lost and Claim della Tap. Sono quasi felice di ritardare l'incontro fatidico, quando dalle porte automatiche sguscia, e si avvicina con passo saltellante, il solito, un po' ricurvo, un po' sgraziato. L'aria portoghese non l'ha contagiata. Almeno non in modo irrimediabile. Il cuore mi scalda in un attimo. Ciondolante con un sorriso nascosto e occhi brillanti arriva a meno di un passo. -Finalmente, pensavo che non l'avessi preso alla fine...-
-No, no come vedi l'ho preso...Ehm...Cioè l'ho perso il bagaglio, dicevo, cioè...- Mamma mia quanto imbarazzo, tutto in una volta, avrei voluto farmi esplodere.
-Dai andiamo! Tutti ci stanno aspettando. Addio bagaglio, amen. Fuori un tempo grigio e un vento forte spezza tutto e scompiglia i capelli di Ufuk che seguo ancora frastornato. Ad Aspettarci una macchina sgangherata strapiena di persone che mi accolgono festose come se fossi il loro miglior amico. Vengo spinto dentro in un abitacolo senza sedili, schiacciato tra Ufuk e una ragazza con i capelli neri che profuma di incenso. Un sussulto e si parte, scopro che la ragazza oltre ad essere profumata ha due occhi verdi che fanno impressione e ride sempre, scema. Però figa! La macchina è un' insime di colori vivaci che formano cerchi e faccine felici. Penso che sotto c'è la mano di Ufuk. Arriviamo in spiaggia che ormai è già buio, dalla macchina tirano fuori delle chitarre, benjo, alcuni tamburi, io porto fuori delle tavole e degli skateboard a cui mancano le ruote. A che servono chiedo ingenuo in un inglese stentato che somiglia a quello di mio padre. -A scivolare sulla sabbia!- Che stupido! Come avevo fatto a non capire. Mi rendo utile portando uncate barile di birra, Ufuk corre in mio aiuto. -Lascia stare, faccio io.- Esautorato da ogni incarico sto li con le mani in mano, se fumassi mi accenderei una sigaretta. L'aria di chi la sa lunga, ma non troppo. Un pescelesso. Accendono le torce e cominciano ad avviarsi tra le dune di sabbia, il mare è lontanissimo, ma si sente il suo rumore, che fa paura non solo a me. Il rumore si fa più intenso e l'aria bagnata, il buio non mi permette di esserne sicuro ma adesso sembra davvero vicino.
Tutti si fermano e incominciano ad accatastare la legna, tavoli, carta, plastica ma dove l'anno presa tutta quella roba? Neanche il tempo di rendermene conto ed è già fuoco. Alto bello starei a guardarlo per ore. Butto qualche legno, guardo in alto, il fumo mi segue come al solito mi allontano e finisco addosso a Ufuk. -Scusa non ti ho proprio vista...- I suoi occhi sorridono, è così bella, ma non è più mia, sarà di Roman, lo scemo che non la smette più di ridere, e che adesso è sul tetto della macchina che salta come una scimmia. Ma a quel punto lei fa una cosa assurda, prende la mia mano e corre, mi stringe forte mentre io inciampo e penso che la mia vita è questo, correre dietro di lei, che mi fa superare le mie paure, e anche quando sembra che io non abbia più speranze, lei me ne infonde delle nuove e così non la smette di correre, e i nostri piedi nudi affondano nella sabbia e io ansimo sempre di più fino a che esausti non ci buttiamo su una duna alta quanto l'everest. E in un attimo tutto svanisce, le paure, l'imbarazzo, la vergogna ci siamo soltanto io, il rimbombare del mio cuore, il mio respirlo e il suo, e lei che ride e tutto è così normale, tutto così sincero. -Tu mi ami ancora?- La sua voce squarcia le stelle e il buio, e arriva da lontano. -Io ti amo.- mi esce di getto senza volerlo in maniera incontrollata, è fuggito a rincorrere Ufuk che scappa. -Anche io ti amo, volevo che lo sapessi. E non ti deve importare che cosa ho fatto qui, quanti Paulo, quanti Roman e quante Esmeralda ci sono state, perchè...perchè con te è diverso lo sai vero, dimmi che lo sai! Era la prima volta che mi parlava così schietta, che quasi potevo allungarmi e toccarla. Mi sentivo forte, sicuro, felice. Pensavo a quanto fosse impossibile incontrare un altra persona così. -Certo che capisco, anche per me è così ma Roman potevi risparmiartelo...- -Quanto sei scemo!-
Ma tu queste cose non le hai dette ma, hai bisogno di sentirti libera tu, di sapere di non avere le caviglie incastrate, hai bisogno di poter scappare, queste cose non le dirai mai nemmeno a te stessa, perchè quando nascono piccole piccole ancora nella pancia le soffochi, come mi soffocasti una volta e delle mie braccia non uscivano urla. Hai bisogno di avere tu il volante, rigorosamente nero, e se guida un altro poter ammutinare. Con la scusa di seguire le vite di qualcuno che ti catturi, ti rapisca, e ti porti via come nei tuoi sogni, mentre nella tua cameretta sceglierai i programmi dei corsi da seguire, sarai senza di me, perchè è giusto così, io non ci devo essere, ecco perchè amo te ma odio quella città che ti permetterà di vivere senza bisogno del mio appoggio, perchè ce la fari benissimo senza di me, ce la farai, a farti degli amici, a ridere forte, a bruciare le uova sui fornelli, a prendere i pidocchi, a dipingere i mobili, a disegnare le magliette, a dormire a terra.
Ma ora basta queste sono solo cattiverie.

Scritto moooolto tempo prima che tutto diventasse così reale. (27 gennaio 2010)

The MoOn

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