mercoledì 23 novembre 2011



Quando parti fa freddo, non sai se arriverai. Le gambe bruciano, acide, il fiato corto, il catarro di tutti quelli che prendono la macchina da soli lo senti nel letto la sera. 

E dici questa città non ci morirà tra le braccia, e invece muore, soffocata, in circonvallazione, nei parcheggi in doppia fila, muore lampeggiando, ben più di quattro freccie e tu con lei. 

Il manubrio storto, il cambio rotto, senza luce, senza grasso, ruggine, sudore, col cappellino fa troppo caldo, senza fa troppo freddo. Ed anche se a furia di ferirvi siete diventati consanguinei ed anche se sai quando e da dove sei partito, anche se sai che qualcosa si è rotto e hai provato ad aggiustarlo, e non sai se reggerà, sai che ti sei perso un pezzo di strada, ma non sai a che punto eravate e vai avanti, pedali, e scopri che non è sempre in piano, e in salita fai più fatica, ma non vorresti mai smettere di pedalare.

E hai dovuto cambiare i freni, ma ci sono voluti tre anni per capire che per correre tra le macchine devi poter frenare, e anche se non sai dove sei diretto, eppure la ami. 
Perchè non importa dove stai andando, non importa arrivare, l’importante è che siete tu e lei, 

la mattina alle otto nel traffico, 

o alle due, 

da soli.











mosic

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