venerdì 16 settembre 2011

La punta che punta

Ieri abbiam perso una punta. Alcuni non ci credevano, dicevan che la punta, in quanto punta, esagera. Altri sostenevano che quando la punta ti punta, poi non può più dire "permesso". E così la sfortuna ci ha preso con se. Volevamo capire se era più forte la punta o chi ferma la punta. 

Volevamo giocare, esagerare, urlare, rifiatare e giocare ancora. 

E invece tra noi e la dolce ambrosia del calcio, ancora una volta, ospedale. Che poi è un posto strano, pieno di freddo, qualche ubriaco, un solo drogato, molti vecchietti con le vecchiette. Ah e dimenticavo. C'era anche la punta. 

Per sua natura, o meglio natura costruita, la punta è ammanicata, e salta la fila, e non solo alle sagre che poi fanno il culo alla mezza-punta, ma, a quanto pare, anche allo spedale (son contrario agli apostrofi). 

Dal tronde non è vero che chi prima arriva meglio alloggia, a volte, come è capitato in questo caso, chi primo arriva comunque gli fanno il gesso. Fortuna che fuori c'era chi ama la punta, tutta rossa, e una piadina, e un kebab, e una coca, e basta. Che poi la punta ingrassa. 

Che poi lo so che vi state chiedendo, se alla fine, in fondo a destra, è più forte la punta o chi ferma la punta. Non lo so. Però alla punta le rotule schizzan fuori un po' troppo facile. 

mosic

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