domenica 8 aprile 2012

Hipster oggi, il tradimento della rivoluzione beat


Quando penso agli hipster penso a brick lane, ai pantaloni skinny con il risvolto alle caviglie, camicioni a quadri di cotone vintage, cappellino di lana, meglio se fa caldo. Penso agli occhiali grandi, ai baffetti, David Foster Wallace  nello zaino. Disadattati, niente più che una moda. Poi ne becchi uno così gli dici, "Hipster", quello si incazza. E' anche vero che se vai da uno e gli dici sei un roncio quello non la prende bene, ma qui c'è qualcosa di diverso. Tutte le mode rifuggono le generalizzazioni e gli etichettamenti e cercano di distinguersi, a nessuno piace sentirsi una pecorella nel gregge ma hipster è legato a doppio filo con l'essere anticonformisti. Parliamo di dopoguerra americano, degli anni quaranta e cinquanta, parliamo della controcultura del bebop, le autostrade verso l'oriente la meditazione trascendentale, per dirla in tre lettere: lsd. Si parla di ragazzi bianchi figli di una borghesia stantia, circondati da una società oppressiva che rifiutano. Deridono quello che c'è intorno perché sono figure distaccate, non ci stanno all'omologazione del pensiero. Se fosse una foto sarebbero Keruac e Cassidy che appoggiati al muro non guardano l'obbiettivo. 

Adesso tutto questo non ha più senso, a loro si sostituiscono i "poser" per dirla in gergo. I nuovi hipster sono maschere vuote che usano particolari appariscenti per sentirsi diversi. Tradire così profondamente la rivoluzione beat senza che nessuno se ne renda conto è ancora più grave. Tutto è stato seplificato, il rifiuto della società è diventato atteggiamento di rifiuto del marketing internazionale, di opposizione alle masse, snobismo. Essere contro per sentirsi appartenere ad una corrente, non somigliare a nessuno per riconoscersi. E' facile vedere come non cerchiamo più grandi sfide, abbiamo paura delle rivoluzioni, preferiamo ripescarle nel passato, preferiamo sceglierle nell'armadio, vicino ad un cravattino nero e un orologio casio vintage, un particolare. Continuiamo ad occuparci di particolari, meglio continuare a non alzare la testa.


Charlie Parker, punto di riferimento degli hipster degli anni '40 suona un "particolare" 
                                                                                                       


                                                                                                         Grazie a Vito "Caaarlo" Chinaski





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