venerdì 7 ottobre 2011

Beirut

  
Zach Condon a 16 anni decise di farla finita con la scuola (benché pare fosse proprio bravo) e di partirsene bel tranquillo dagli States per dirigersi verso l'Europa a conoscere il continente più antico del mondo (se escludiamo l'Africa, il continente di scimmie e banane), esplorare la sua cultura millenaria e fare collezione di nuove esperienze musicali, lui, che a soli 15 anni aveva già autoprodotto roba notevole dalla sua piccola cameretta. La leggenda narra che condusse vita di sregolatezze, piccolo com'era, tra sbronze e droghe e puttane, finché una sera, mentre oziava nella sua degradata, immagino, stanzuccia d'albergo, sentì provenire, dalla stanza superiore, degli incantevoli suoni. Si rivelarono, dice la leggenda, musici gitani: in un turbine di ispirazione compose in questa sola serata, assieme agli ignoti gitani, il suo primo album, The Gulag Orkestar. Bello, innegabilmente un bel prodotto, ma seza dubbio l'apogeo l'ha raggiunto con l'EP Long Island e le successive piccole produzioni, nelle quali a questo spirito balcano ha unito cazzeggio bohemien, componendo musica parigina. É in questo secondo momento che imbraccia la fisarmonica, che accanto alla trombetta calza a pennello.
L'ultimo album, The Rip Tide, è infine una produzione secondo me ben più matura, e anche se non ha ricevuto risposte positive le meritava tutte. Le Vagabond, The Peacock, Santa Fe, A Candle's Fire tutta bella musica, insomma.


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