domenica 15 luglio 2012

Una condanna esemplare 10x100


Sono passati undici anni. Quando è successo ero piccolo ed ero al mare con i miei nonni, a Loano, in liguria a pochi chilometri da Genova. Ricordo che tornavamo a casa dal mare e ascoltavamo il telegiornale che raccontava quello che stava succedendo. Capivo che era molto grave perché mio nonnno urlava davanti alla televisione, e perché non condividevo nulla di quello che diceva. Anni dopo, undici anni dopo, stavo studiando legge quando ho letto che erano state condannate definitivamente cinque persone. Queste persone adesso sono diverse quanto lo sono io da allora, seduto a tavola con un nonno che urlava contro i manifestanti. Sono persone, non dobbiamo dimenticarlo: Francesco Puglisi, operaio, 14 anni di reclusione, Marina Cugnaschi, assistente sociale, 11 anni e 6 mesi, Alberto Funaro, infermiere, 10 anni, Ines Maresca, educatrice 6 anni e 6 mesi.

Una giustizia non può dirsi giusta se opera con questi tempi. Non può dirsi certa una pena che perde ogni valore retributivo nei confronti delle vittime di allora. Ma la pena, come ci dice la nostra costituzione, (art 27.3 cost.) deve avere anche un valore rieducativo e anche questo aspetto viene tradito, in quanto non c'è alcuna pericolosità sociale in queste persone. La condanna deriva dall'applicazione del reato di “devastazione e saccheggio” una norma che fa sentire il peso dei suoi anni, e si addice meglio al perido fascista che ha promulgato il codice Rocco. Si addice di più ad una guerra, che una situzione, quella del G8 che per quanto eccezionale non sembra essere coerente con il tenore letterale della norma. Questo reato per aiutarci a capire è stato contestato solo quattro volte dalla sua emanazione. Infine la pena non può non tener conto dell'effettiva dimensione dei reati commessi, del tempo trascorso. Invece sembra prescindere da tutto questo per applicare ai condannati, cosa assai rara in giurisprudenza, il massimo della cornice edittale prevista. Si ha l'impressione che questa sia una codanna esemplare, che siano stati scelti dei capri espiatori tra le centinaia di persone che si resero protagoniste delle violenze a Genova in quei giorni. Una punizione che sembra accanirsi più aspramente su cinque persone per l'incapacità di punire i tanti che non si è riusciti a prendere. Cinque capri espiatori come in “Orizzonti di gloria” di Kubric, dove l'alto comando per mascherare il colossale falimento dell'operazione scarica la colpa sulla codardia dei soldati. Cinque capi espiatori, scelti per punire una responsabilità politica che qualcuno continua ad ignorare.
La sentenza per di più arriva a pochi giorni da un'altra sentenza con cui si può confrontare, quella per prescrizione ai poliziotti che si sono resi responsabili di lesioni gravi contro i manifestanti. Una formula che è resa possibile solo dal fatto che l'ordinamento italiano non prevede il reato di tortura che avrebbe impedito la prescrizione.
Da una parte rappresentanti delle forze dell'ordine che hanno torturato esseri umani senza scontare nemmeno un giorno di carcere, dall'altra 10 anni di carcere per chi ha rotto vetrine e sottratto generi alimentari. Una giustizia consapevole dovrebbe saper distinguere tra una pietra tirata, un allarme procurato e un corpo, una coscienza ferita. Penso che troppo spesso chi applica le pene sta dalla parte di chi queste le impone.
E' passato tanto tempo ma non è servito a fare chiarezza, è passato tanto tempo ma non sempre il tempo aiuta. Abbiamo perso tutti. 



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